Adele Menzio                                                                            back to Bio & Essays


Dissacratore elegante Francesco Mian racconta in chiave simbolica fantastiche storie. Ispirato all’ Art Nouveau specie per un certo ritmo sinuoso che egli imprime ai personaggi e alle cose che tutti seguono un’ideale linea tonda e arabescata di squisita fattura, Francesco dà della “sua” forma una diversa spiegazione.

-  Io sono nato al mare la mia origine riverasca ha in certo senso condizionato la mia opera di pittore.

Hai presente il fondo del mare, le alghe dei pesci che si muovono lenti come danzando? Certe piante acquatiche che incessantemente tentano di incontrarsi e forse comunicare tra loro allungando e torcendo le proprie forme estreme? E come tutto nell’acqua è pervaso da uno slancio guizzante, da un desiderio continuo e che non conosce sosta di andare, di muoversi, di staccarsi da una propria ancora? Il paesaggio dei miei quadri dove la linea di orizzonte non è mai retta, ma contorta, dove sempre sono piante e fiori che non si coltivano in terra e che paiono inventati, dove le stesse figure hanno antenne mobili che alle volte si intrecciano…bhé tutto ciò non è Art Nouveau ma semplicemente il ricordo della mia infanzia e della mia meraviglia per il fondo del mare.

O Dio! Se a te fa piacere trovare dei riferimenti culturali, padronissima. Ne ho già  sentite tante! –

Dopotutto, anche se un pizzico di floreale nella pittura di Mian io continuo a vedercelo, la teoria del mare non solo ha il pregio della verità, ma è anche affascinante ed esatta. Però non basta. Essa non è sufficiente a spiegare totalmente il mondo magico ed esoterico di Mian che affonda le proprie radici culturali nell’antichità, nei principi delle religioni orientali, in un continuo recupero culturale di valori e postulati che proprio oggi, nella più avanzata corrente del pensiero contemporaneo, vengono riscoperti ed approfonditi. C’è sempre, in ogni opera di Mian, sia nel grande olio che nella piccola acquaforte o nella tempera, un chè di arcano e misterioso che soltanto l’intuito o una profonda iniziazione ai misteri di millenaria tradizione possono aiutare a capire. Una pittura per iniziati? Certamente si e al tempo stesso no.

Il fruitore non affiliato a sette particolari o completamente digiuno di rituali e misteri che con ogni probabilità ricordano le complicate cerimonie eleusine, può egualmente leggere queste opere e trarne arricchimento culturale e puro godimento estetico.

La grafia è purissima, lineare, elegante, sempre snodata su un tema di evidente armonia classica, sempre riconducibile a forme essenziali tanto che le ieratiche figure senza braccia e dalle grandi teste che contengono nel segno, continuo e senza spezzature, copricapi emblematici e indicazioni di caste o ruoli ben precisi, suscitano per analogia l’immagine dell’anfora greca, questa forma perfetta mai superata e perennemente valida.

Così come il racconto compositivo, di un equilibrio di cui non è estraneo il calcolo matematico, inteso nella sua più alta accezione architettonica, e sto per dire pitagorica (anche qui il riferimento alla setta misteriosa e depositaria del sapere scientifico è doveroso) se può apparire all’occhio contemporaneo di una modernità sorprendente, pure a ben vedere, così circoscritto in una geometria ideale e intimamente collegato a formule eterne, ad un rigoroso rapporto di valori, ad una indefettibile concatenazione logica degli elementi.

Nulla nell’opera di Mian è lasciato al caso o all’ irruenza dell’ispirazione momentanea. Pittura meditata, studiata, intellettualissima e colta donde, come per incanto, a vivificare e rendere emotivamente vibrante quello che potrebbe, da quanto detto fino ad ora, essere frainteso come discorso soltanto od essenzialmente filosofico, promana un fascino intenso di atmosfere rarefatte e struggentemente poetiche; di frasi pronunciate ma al tempo stesso cariche di sottointesi, di favole raccontate con garbo squisito, la cui morale,lasciata volutamente inespressa, si presta a mille diverse interpretazioni, tutte ugualmente possibili e vere; di postulati che, a differenza di quelli assoluti del tempo antico che non annettevano, per essere assiomi, il minimo dubbio, oggi nella loro fragile e conturbante sinuosità, (si notino gli arabeschi che sempre nei fiori e nei personaggi non solo impreziosiscono l’opera ma denunciano la caducità tutta contemporanea di ogni valore), di postulati – dicevo- sottoposti ad una continua e critica revisione.

C’è in Mian, che è uomo del suo tempo, turbato ed angosciato dal mal di vivere, che certo non accetta supino le molte incongruenze del sistema, un incessante arrovellarsi , uno scandagliare nella millenaria storia dell’uomo alla ricerca della verità, come se soltanto la storia delle idee, più che dei fatti, e la possibilità di decifrare il mistero possano aiutare l’uomo contemporaneo a superare una delle più drammatiche crisi delle propria millenaria avventura terrestre.

In ciò sta l’attualità di Mian: nell’aver capito o presagito che non è certo ignorando e distruggendo il passato o calpestandone violentemente ogni vestigia che potremmo trovare la salvezza, ma soltanto reinventando, in chiave attuale e moderna ed adatta alle nostre esigenze individuali e sociali, certe costanti forse non sufficientemente intese e svolte e perfettamente capite dalle molte generazioni che ci hanno preceduto.

 

Adele Menzio            Torino, 1973                                                  

 

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